10 dicembre 2008

sbarramento 5% elezioni amministrative

Partito della Rifondazione Comunista
Federazione di Catania

OGGETTO: posizione di Rifondazione Comunista sull'introduzione dello sbarramento al 5% alle elezioni amministrative
Il Partito della Rifondazione Comunista ritiene gravissimo il voto bipartisan all'assemblea regionale sull'introduzione di uno sbarramento al 5% per le elezioni provinciali e comunali. Si tratta di una scelta politica che ha il preciso obiettivo di uccidere la democrazia in Sicilia, di cancellare ogni voce critica e di impedire ogni libera forma di rappresentanza all'interno delle istituzioni. Gravissima è la totale condivisione politica del Partito Democratico il cui chiaro intento è quello di eliminare ogni ostacolo politico ad un consociativismo fondato sulla spartizione del potere, sulla cancellazione di ogni forma di opposizione e sulla cosciente subalternità ai poteri forti siciliani.
Rifondazione Comunista rifiuta e combatterà il tentativo di istaurare un bipartitismo coatto che cancelli dalle Istuituzioni anni di lotte per i diritti dei lavoratori, di antimafia sociale e di battaglie per i diritti dei più deboli. Non ci spaventa tuttavia nessun sbarramento: le lotte di studenti e insegnanti, lo sciopero generale del prossimo 12 dicembre, le battaglie dei lavoratori catanesi, dagli operai della Cesame ai lavoratori della Multiservizi, dimostrano la necessità per il PRC di occupare l'unico spazio politico che ci compete che è quello di un'opposizione sociale e di classe alle politiche confindustriali, liberticide e ossequiose ad un neoliberismo che ha prodotto solo disastri, portate avanti sia dal centrodestra che dal centrosinistra. Spazio politico che non può certamente essere occupato da un Partito Democratico incapace di essere opposizione al centrodestra perchè ne condivide scelte e obiettivi politici come dimostrato dalla collaborazione in molte giunte con Mpa, Udc e Pdl.
Rilanciamo quindi con forza il nostro progetto politico, fatto di presenza costante nelle lotte, di sostegno ai movimenti che si stanno battendo per la scuola e l'università pubbliche, in difesa del diritto alla salute e a difesa del posto di lavoro. Progetto politico che si esprimerà anche con la presentazione delle liste del Partito della Rifondazione comunista, che apriremo a tutti i soggetti sociali in lotta con l'ambizione di portare all'interno delle istituzioni il conflitto sociale che rappresenta il naturale terreno politico per il nostro Partito.
Il segretario provinciale
della Federazione di Catania di Rifondazione Comunista
Pierpaolo Montalto

25 ottobre 2008

Autunno tiepido


"Noi la crisi non la paghiamo!" e "La protesta non si 'arresta'!" scandiscono gli studenti che manifestano in tutta Italia contro i pesanti tagli a scuola, università e ricerca che il Governo Berlusconi è fortemente intenzionato ad effettuare.
Pesanti tagli. Tant’è che, se il progetto del governo andrà in porto, a breve 85mila insegnanti e 45mila lavoratori tecnici e amministrativi delle scuole verranno mandati a casa. E ancora: un taglio di circa 1.500 milioni di euro alle Università, a cui si aggiunge il blocco sostanziale delle assunzioni per migliaia di precari della ricerca. E 57mila lavoratori precari del comparto pubblico, da qui a sei mesi, non si vedranno rinnovati i contratti (pur avendo maturato i requisiti per le stabilizzazioni previste nelle due passate leggi finanziarie).
Forte e autoritaria è l’intenzione di attuare questa “Riforma” (o meglio sarebbe definirla “devastazione”) da parte del Ministro Gelmini ma soprattutto del capo Berlusconi. Tanto da arrivare addirittura a minacciare studenti, professori, ricercatori, genitori e quanti altri (molti, moltissimi: un mare di gente, come una "onda anomala" che vuole coprire e travolgere l’Italia dell’arroganza, nonché ignoranza, al potere) si stanno mobilitando e stanno protestando (pacificamente). Si minaccia l’uso delle forze di polizia contro chi esercita un diritto democratico e costituzionalmente garantito, contro chi marcia con le sole “armi” della parola e delle idee, del pensiero ancora vivo e resistente (nonostante da tempo provino a renderci tutti automi da format televisivi). Verrebbe quasi da pensare: “corsi e ricorsi storici” (il nefasto ’22 fascista e l’importante ’68 studentesco).
Le mobilitazioni dilagano e assumono le forme di un movimento ampio e generalizzato. Un movimento che, oltre ad opporsi ai disegni regressivi del Governo Berlusconi, mette finalmente in discussione la passivizzazione e il conformismo. Studenti, professori, ricercatori, genitori sono oggi uniti nella lotta contro il criminoso obiettivo della destra al governo di dismettere la struttura pubblica della formazione.
Dunque, l’intelligenza è in movimento in tutto il Paese. L’auspicio è che il Paese tutto acquisisca un intelligente movimento di opposizione, di critica, di lotta all’ingiustizia e ai tanti soprusi che quotidianamente ci opprimono sotto una cappa di desolazione e inermità. Perché è ora di acquisire consapevolezza di ciò che ci spetta, è ora di riprenderci le nostre vite, è ora di prendere in mano il nostro futuro!
* Alessandra *

15 ottobre 2008


Venerdì 17 ottobre
Sciopero generale della scuola
CATANIA: manifestazione cittadina,
concentramento in piazza Roma ore 9,30


La scuola pubblica sta per essere definitivamente smantellata!


- Fra il 2009 ed il 2011 il governo ha previsto tagli ai finanziamenti di 8 miliardi di euro

Sono previsti inoltre:

- Tagli al personale docente ed A.T.A. (147 mila in 3 anni).

- Ritorno al maestro unico con l’eliminazione del tempo pieno (risparmio di 87.000 insegnanti.

- Taglio di oltre 2000 scuole nel paese (quelle sottodimensionate e con meno di 600 alunni).

- Cospicuo ridmensionamento degli insegnanti di sostegno per gli alunni diversamente abili.

- Aumento del numero di alunni per classe.

- Accorpamento e riduzione delle materie.

- Riduzione delle ore di lezione con ripercussioni negative sulla qualità della didattica, sul diritto allo studio, sull’integrazione degli alunni con disabilità e migranti.


Ed ancora:

- L’obbligo scolastico potrà essere assolto nei corsi di formazione professionale. Alcuni giovani continueranno a studiare, mentre altri verranno avviati precocemente al lavoro.

- Il personale sarà assunto direttamente dai dirigenti scolastici con scarse garanzie di trasparenza delle operazioni.

- Si vogliono trasformare le scuole in istituti “Fondazione” affidati ai privati tramite consigli d’amministrazione. Si aprirà così il mercato dell’istruzione.


In Sicilia nel prossimo triennio si prevedono 15.000 posti in meno di cui 3.500 solo a Catania, dove quest’anno si sono persi 650 posti rispetto al 2007/’08. Di questi 241 riguardano il sostegno, con grave danno per gli alunni diversamente abili che si sono visti ridurre l’orario di presenza dell’insegnante di sostegno a sole 4,5 ore alla settimana.


Non possiamo attendere impotenti e passivamente alla devastazione del sistema di istruzione statale ed alla perdita di decine di migliaia di posti di lavoro!

Per contrastare questa sciagurata manovra partecipiamo numerosi il 17 ottobre!


Promuovono: Cobas Scuola, Comitato di sostegno alla scuola, collettivi studenteschi

Hanno aderito: Giovani comunisti(Ct), Rifondazione comunista Ct.....

13 ottobre 2008

Roma, 11ottobre2008: si torna in piazza!!!


Roma invasa dai comunisti! Immenso. Quest’aggettivo sembra particolarmente appropriato per definire il popolo rosso di sabato 11 ottobre. La data di una manifestazione che non dimenticheremo per le emozioni che ci ha regalato e per l’energia che ci ha trasmesso. Si ricomincia dunque dal popolo in lotta sfilato per le strade di Roma, con le 300mila bandiere che hanno colorato di rosso il cielo della capitale. I vessilli, i valori, le idee, le proposte dei comunisti, non sono spariti da questo paese, come qualcuno sperava dopo il tracollo elettorale di aprile. Lo ha dimostrato la manifestazione di Roma. Un’iniziativa che ha messo in luce la vitalità delle forze di sinistra e dei movimenti che vogliono rappresentare un’alternativa alle devastanti politiche dettate dai potentati economici. L’11 ottobre ha dimostrato anche la bontà della linea che ci siamo dati a luglio a Chianciano. Il Partito si è rimesso in moto nella società. L’immenso corteo rappresenta certamente una rinascita dei partiti della sinistra. L’11 ottobre ha dimostrato che non c’è bisogno di stare in tv e sui giornali per fare politica – la manifestazione è stata pressocchè oscurata su media – ma che se si parla di contenuti, delle esigenze materiali del paese, torna il nostro protagonismo sociale. Si riparte quindi. L’opposizione sociale e politica al governo Berlusconi e a Confindustria trova uno sbocco ed un punto di inizio concreto nella manifestazione di Roma. Si tratta di un input per le altre manifestazioni di vera opposizione che si terranno in autunno, dallo sciopero generale del 17 ottobre, indetto dal sindacalismo di base, allo sciopero generale sulla scuola del 30 ottobre. La manifestazione segnala inoltre l’esigenza di fare opposizione, quella vera, di ripartire dai contenuti, dalle esigenze di coloro che vogliamo rappresentare. C’erano i lavoratori, c’erano gli studenti, i pensionati, i movimenti impegnati nella difesa dei territori dagli sconquassi provocati dalle politiche neoliberiste, c’erano gli oppressi quotidianamente strozzati dal caro vita. Da segnalare la presenza massiccia di giovani – l’età media del corteo era medio bassa – che hanno dato maggior vigore ad una manifestazione veramente sentita e partecipata. Compagne, compagni, ora se davvero vogliamo rimetterci in connessione sentimentale col nostro popolo, ripartiamo da qui, dall’11 ottobre a Roma, da quel mezzo milione di bandiere rosse e da quello che rappresentano. Torniamo a lottare, non siamo soli!Dall’11 ottobre tutti saranno costretti a tornare fare i conti con quanto rappresentiamo. La ritirata è finita davvero: i comunisti sono ritornati protagonisti nella politica del paese.

16 settembre 2008

Manifestazione 11 OTTOBRE 2008



Salari, scuola e sanità pubbliche, lavoro, vertenze territoriali, difesa della contrattazione collettiva, laicità, democrazia, giustizia uguale per tutti, libertà e pluralismo nella comunicazione, no al nucleare.


Questi i temi centrali della piattaforma della prossima manifestazione nazionale.
L’11 OTTOBRE TUTTI A ROMA!

Per informazioni sulla partecipazione venite a trovarci al
Circolo La Locomotiva del PRC, via Tono 38, Acireale
o contattateci via mail a quest’indirizzo:
locomotiva.aci@hotmail.it

21 agosto 2008

sostegno a compagno Circolo Tienanmen


Il Circolo “La Locomotiva” di Acireale del Partito della Rifondazione Comunista
apprende l’allarmante notizia della decisione di un giudice catanese di togliere ad una madre l’affidamento del figlio in favore del padre a causa della iscrizione del giovane al Partito della Rifondazione Comunista.


Il sedicenne catanese è infatti militante del circolo Tienanmen di Rifondazione Comunista, o per dirla con le parole (sconcertanti) del Tribunale di Catania, possiede "la tessera d'iscrizione a un gruppo di estremisti". E ancora: i Circoli del Partito sarebbero "luoghi di ritrovo giovanili dove è diffuso l'uso di sostanze alcoliche e psicotrope".

Tutto ciò è inaccettabile perché indice di un clima di sospetto, diffidenza e pregiudizio inquietanti, in special modo se rivolti nei confronti di un Partito come il nostro che da sempre ha fatto della militanza giovanile il perno del proprio agire politico.

Il Circolo “La Locomotiva” esprime solidarietà e sostegno al giovane compagno M.P. e alla madre, e condanna, dunque, il clima di “caccia alle streghe” che ha raggiunto, oramai, livelli insopportabili e latenti all’anticostituzionalità; ma soprattutto invita tutti i giovani e tutti gli acesi che vogliono una città diversa e più giusta a iscriversi senza remore al Partito.


Il Segretario

Alessandra Leotta

12 luglio 2008

Il problema rifiuti ad Acireale

Lo smaltimento dei rifiuti è uno dei temi oggi più scottanti. Le montagne di spazzatura in Campania ovviamente non sono frutto solo dell'incuria e della cattiva gestione, ma anche degli interessi criminali che per anni hanno lucrato sullo smaltimento illegale dei rifiuti, avvelenando una delle terre più fertili d'Italia. Ma l'esperienza quotidiana insegna che lo smaltimento scorretto dei rifiuti è anche affar nostro. Acireale è una città in cui la gestione dei rifiuti non è mai stata oculata. La raccolta differenziata, ad esempio, finita in un nulla di fatto nonostante le spese, certo non indifferenti, sostenute dal Comune per l'acquisto dei cassonetti specifici.

Tempo fa abbiamo semplicemnte preso in mano la macchina fotografica e siamo andati in giro per il nostro comune. Le montagnole di rifiuti ai lati delle strade periferiche non si contano. Rifiuti che a volte richiederebbero un particolare processo di smaltimento, come copertoni o batterie esauste, abbandonati presso i campi. Una vera vergogna, oltre che una minaccia potenziale alla salute dei cittadini. Alleghiamo qualche esempio, nella speranza che nel frattempo l'amministrazione comunale abbia provveduto alla rimozione.


Letto del torrente presso frazione Pozzillo


Via delle Palme, dietro la Stazione FS


Via Capuana, presso la frazione Guardia


Via Ponte, sempre nei pressi della stazione FS

VII Congresso del PRC


In questi giorni si svolge in tutti i circoli d'Italia il VII congresso del PRC. Un congresso fondamentale, è stato definito da più parti; un'occasione per fare il punto e decidere gli obiettivi politici dell'immediato futuro. Mercoledì 9 luglio, presso i locali di via Tono 38, anche il Circolo “La Locomotiva” si è riunito per svolgere il congresso di base.

Il dibattito è stato partecipato: oltre agli interventi di illustrazione delle varie mozioni congressuali del Partito, si sono registrati quelli di molti tesserati del Circolo desiderosi di dare il loro contributo alla particolare fase che il Partito sta vivendo.
Alla fine della discussione si è proceduto alla votazione dei documenti congressuali, che ha registrato la vittoria della prima mozione – Rifondazione comunista in movimento - quella a firma, tra gli altri, di Paolo Ferrero, Claudio Grassi, Ramon Mantovani, Giovanni Russo Spena.

Si è poi proceduto al rinnovo degli organismi direttivi del Circolo, che registrano un passaggio di consegne tra il Segretario uscente Pippo Trovato e il nuovo Segretario, la giovane compagna Alessandra Leotta. Staffetta anche per quanto riguarda il Tesoriere del circolo: la giovane Céline Arcidiacono subentrerà all’uscente Giuseppe Patanè. Sono due donne dunque a rivestire gli incarichi più alti. Il Circolo La locomotiva va dunque controcorrente rispetto ad una società sempre più maschilista e più chiusa, segnata dall'occupazione delle cariche e dal leaderismo.
Questi i componenti il Direttivo:
- Alessandra Leotta
- Pippo Trovato
- Céline Arcidiacono
- Saro Basile
- Giuseppe Patanè
- Pietro Tramontana
Il Comitato di Garanzia è presieduto da Salvo Scuderi e composto da Carmela Coco e Francesco Bologna.

Di seguito alcune brevi note biografiche sul neo Segretario Alessandra Leotta:
Ventisei anni. Laurea in Scienze Politiche presso la Facoltà di Scienze Politiche di Catania; master in Istituzioni parlamentari europee e storia costituzionale presso la Facoltà di Scienze Politiche de La Sapienza in Roma.
Alessandra Leotta è militante del Prc dal 2003. Ha fatto parte del Comitato Politico della Federazione di Catania. Impegnata prima nelle lotte studentesche e universitarie (col Collettivo Araba Fenice), nell’ultimo anno ha collaborato col Gruppo parlamentare al Senato di Rifondazione Comunista, in qualità di collaboratore del capogruppo Giovanni Russo Spena.
Animalista convinta, da diversi anni svolge attività di volontariato presso l’Associazione Animalista l’Arca di Giarre.

Il segretario

Alessandra Leotta

24 marzo 2008

19 marzo 2005 e altri ricordi sparsi


Andammo insieme a Roma, per manifestare, per la pace, contro la guerra in Iraq.

Ci avventurammo col treno speciale organizzato da Rifondazione. Un lungo viaggio per un brevissimo soggiorno romano. Partenza il 18 marzo sera dalla stazione di Catania, rientro il 20 marzo mattina.

Eravamo felici e spensierati. Felici di renderci utili, di andare a manifestare in nome dei nostri ideali, del nostro Partito, in rappresentanza del nostro Circolo La Locomotiva di Acireale. I compagni: Turi Bella, Diana Bella, Andrea Monaco ed io.

A Villa San Giovanni l'accoltellamento di alcuni compagni di Catania da parte di alcuni fascisti. Il treno si fermò. Polizia. Ambulanza. E noi nel nostro scompartimento ci sentivamo però sicuri.

Poi finalmente l'arrivo a Roma. L'incontro col compagno Davide Pappalardo, acese-locomotivese già allora emigrato a Roma per lavoro, che ci aspettava alla stazione. La manifestazione. Il lungo corteo e i tanti chilometri percorsi, ma nessuna stanchezza. Tra gli slogan, i momenti seri, le battute facevamo gruppo. Acireale era lì, era nei nostri passi: ci sentivamo rappresentanti non solo di noi stessi, dei nostri ideali, non solo dei compagni del nostro Circolo, ma anche di tanta parte della nostra città. C'era chi diceva no alla guerra, sì alla pace e ad un altro mondo possibile. E noi ci credevamo. Continuiamo a crederci.

Ancora anche tu Turi, lo so!

Sempre sorridente; le tue battute sempre pungenti, di un umorismo pulito.

La mia Guevara (che immaginavi "fatta al forno con le patate"), la mia "bratta" Gulliver Aprilia, le mie sciarpe... sempre una divertente parola per loro. Davide, che non voleva andare a Città del Vaticano a prendere per te i francobolli del Papa; Celine con cui ti divertivi a ridere; Vera, a cui dovevi portare dei gomitoli di lana per farti una sciarpa; la tua di sciarpa, lunghissima, colorata, particolare; il mercatino del libro usato: la tua scrittura incomprensibile per Giuseppe, la ricerca dei libri per Diana e Dario, la ricerca dei libri per la folla spesso nervosa che affollava la nostra piccola sede (pressandoci fisicamente e psicologicamente), il non trovarli che faceva subito scattare la richiesta d'aiuto al nostro elaboratore-archivio umano Celine; il rumore del tuo motorino che parcheggiavi sempre davanti al Circolo e la tua consueta frase ironica e autoironica ("sporchi comunisti") che annunciava il tuo arrivo. Per non parlare della tua consueta abitudine di andar via prima dalle riunioni perché c'erano Diana e Dario da andare a prendere o accompagnare, la spesa da fare, tua moglie che ti aspettava. Quante risate!!! Momenti indimenticabili. Ricordi indelebili per tutti noi: tuoi compagni di Partito, amici, ed anche tua seconda famiglia.

Ti stavi impegnando nella campagna elettorale, come sempre del resto. Davvero una figura di riferimento sempre presente. Anche per me a Roma, che ricevevo le tue telefonate con cui mi aggiornavi sulla nostra Acireale. Avevi detto che dovevamo impegnarci per questa campagna elettorale. Allora ti dico che lo faremo, continueremo a farlo anche per te. E alla fine gioiremo del successo o ci leccheremo le ferite per la sconfitta con te, sapendoti accanto a noi, in quella nostra seconda casa in via Tono 18.

Nella mia mente continua (quasi incessantemente) a suonare Bandiera Rossa; vedo noi compagni salutarti col pugno chiuso; vedo il dolore di una famiglia che con amore e grandissima forza si preoccupa di portare avanti i tuoi ideali, la tua volontà, prima di tutto; e così penso a come si può essere "comunisti fino alla fine".

*Alessandra*

13 marzo 2008

15 marzo 2008 - XIII giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie

1978: A 30 anni dall'uccisione...
Perché ricordare Peppino, esempio di coraggio e intelligenza.
Giuseppe Impastato nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948. Proveniente da una famiglia mafiosa, avvia una ampia attività politico-culturale antimafiosa. Dal 1968 partecipa, con ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati. Nel 1976 fonda Radio Aut, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga attraverso il controllo dell’aeroporto. E, in primo luogo, denuncia il capomafia Gaetano Badalamenti, che chiamava in modo beffeggiatorio “don Tano seduto”, capo della città di Mafiopoli, nella satirica trasmissione “Onda pazza” molto seguita nel paese. Nel 1978 si candida alle elezioni comunali nella lista di Democrazia Proletaria. Viene assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, proprio nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Stampa, forze dell’ordine e magistratura parlano però di “atto terroristico” in cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima e, dopo il rinvenimento di una lettera scritta molti mesi prima, addirittura di “suicidio”. Grazie all’attività della madre Felicia Bartolotta e del fratello Giovanni, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza, del Centro siciliano di documentazione di Palermo, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l’inchiesta giudiziaria.
Il caso giudiziario è stato chiuso e riaperto più volte nel corso di più di 20 anni e solo nel 1997 viene emesso un ordine di cattura per Gaetano Badalamenti, capo mafia di Cinisi, finalmente incriminato come mandante del delitto. Il processo contro Badalamenti viene svolto con rito normale e in video-conferenza (poiché Badalamenti si trovava in carcere negli Stati Uniti e l’Italia non aveva ottenuto il permesso di estradizione per far sì che egli fosse presente al processo). Intanto, nel 1998, presso la Commissione parlamentare d’inchiesta antimafia si era costituito un Comitato sul «caso Impastato» che porta all’approvazione all’unanimità, il 6 dicembre 2000, della Relazione - appunto sul «caso Impastato» - sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini. Infine, con fatica e dopo più di 20 anni, nonché grazie anche al contributo della Commissione parlamentare d'inchiesta antimafia, Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti vengono riconosciuti colpevoli del delitto Impastato e condannati (5 marzo 2001: condanna a 30 anni di reclusione per Palazzolo; 11 aprile 2002: condanna all’ergastolo per Badalamenti).

La Commissione non si è posta il compito di giungere a conclusioni sul delitto Impastato, bensì di indagare su cosa si sia opposta a fare verità e giustizia. L’indagine ha ricostruito “l’anatomia di una deviazione” che, da subito, ha impedito di ricercare i mandanti e gli esecutori dell’omicidio. La Commissione parlamentare d’inchiesta antimafia, per la prima volta nella storia, si è trovata ad indagare su una vicenda così specifica mentre era in corso il relativo processo penale (a distanza di ben 22 anni dall’omicidio!). Nonostante la concomitanza, l’inchiesta della Commissione è riuscita a svilupparsi su un piano del tutto autonomo e distinto dall’indagine penale.
Dunque, la Commissione ha offerto della vicenda una visuale storica e processuale che evidenzia come alcuni uomini delle pubbliche istituzioni abbiano operato con «omissioni e veri e propri vuoti di contrasto allo sviluppo del potere mafioso della zona». Omissioni e vuoti di contrasto che si determinarono su un territorio segnato dalla sottovalutazione del sistema mafioso combattuto e denunciato apertamente da Peppino Impastato.
Nella prima parte della Relazione sul «caso Impastato» si illustra quanto grave fosse il contesto dei rapporti tra mafia e strutture statuali nella prima metà degli anni ’70, quando – nonostante comportamenti coraggiosi da parte di uomini delle forze dell’ordine, magistrati, politici, esponenti della società civile – a prevalere furono la scarsa coscienza della gravità del fenomeno mafioso e una tolleranza che, troppo spesso, diventava connivenza.
Parlare di mafia, nella Sicilia degli anni ’70, era già un atto di coraggio, ma fare i nomi dei mafiosi e addirittura ridicolizzarne i capi pubblicamente era sicuramente un atto temerario. Peppino Impastato con coraggio e temerarietà condusse un attacco reale alle prepotenze della mafia: utilizzando la radio ridicolizzò, mise in difficoltà, combatté, e in particolar modo "smitizzò" Tano Badalamenti, che in quel territorio si poneva come un forte punto di riferimento. Ma Peppino ha fatto anche di più: perché alla mafia si è ribellato in casa propria; perché da una famiglia mafiosa proveniva.
Si interrogò, da giovanissimo e a lungo, Peppino: colse il legame tra mafia e assetto sociale e politico. Il che fu molto più di una semplice denuncia di qualche accordo nascosto tra singoli politici e boss, fu la denuncia di un sistema strutturato di attività criminosa. Ma soprattutto Peppino informò: informò i compagni, gli amici e Cinisi tutta, e lo fece con ironia. Per questo fu massacrato senza pietà dalla mafia; per questo fu attuato il depistaggio nelle indagini sulla sua morte.
Il dovere della memoria e del costante impegno antimafia: ecco perché la Commissione parlamentare antimafia ha trovato la forza di indagare e il coraggio di trarre delle conclusioni, indicando le responsabilità e i depistaggi che si attuarono contro Peppino Impastato.

Quindi, «caso Impastato». Sì, perché «caso» è diventato quella che sarebbe dovuta essere una vita, una vita comune di un giovane siciliano che è vissuto negli (e che ha vissuto gli) anni ’60. Una vita che, però, comune non fu: perché vissuta in un piccolo Comune come tanti della Provincia di Palermo (dunque questo sì comune); perché vissuta a stretto contatto con la mafia (a “Cento passi” ma anche meno dalla mafia), come spesso accadeva (e accade) in Sicilia (dunque questo sì comune); perché vissuta pienamente e interamente all’insegna di principi di giustizia, di solidarietà, di impegno civile, culturale e politico, nonché di vera e propria controinformazione, denuncia e lotta contro la mafia. Una lotta non astratta a un concetto generico di mafia, bensì una lotta sul campo ad ogni affare portato avanti nel territorio di Cinisi da quei mafiosi che da tutti erano conosciuti, da tutti erano temuti e rispettati, da tutti (istituzioni comprese) erano accettati e tollerati come status quo tipico di quella bellissima ma martoriata e sfruttata Sicilia.

La Relazione sul «caso Impastato» si proietta ben al di là del delitto di Cinisi, verso il futuro. Innanzitutto perché si tratta del primo atto di inchiesta – nella lunga, quarantennale, storia delle Commissioni parlamentari antimafia – su un delitto politico mafioso e, contemporaneamente, sui dirottamenti, inquinamenti e impedimenti riguardo la ricerca della verità e della giustizia. E' una grande opportunità e può diventare proposta, nonché prototipo, della inchiesta a cui avrebbero dovuto e potuto essere già sottoposti, da parte delle varie Commissioni antimafia, i grandi delitti e al tempo stesso gli eclatanti occultamenti e/o dirottamenti politico-mafiosi. Può essa considerarsi prototipo sicuramente per la metodologia della ricerca delle fonti, della lettura dei documenti, del lavoro di riscontri incrociati. Essa è – usando le parole del suo Relatore, senatore Giovanni Russo Spena – «una rigorosa verifica critica, che prende le mosse dalla rabbiosa ma documentata criticità che aveva animato, dal primo momento, la mamma Felicia, il fratello Giovanni, gli amici e i compagni, il Centro di documentazione diretto da Umberto Santino».
La Relazione ricostruisce un pezzo della Sicilia degli anni '70 in cui le zone di collusione tra segmenti dello Stato e mafia furono vere e profonde, nonché spiegazione delle forti difficoltà nello sconfiggere gli uomini di Cosa Nostra. Essa ha anche il merito di affermare che alla legalità - e quindi ad abbattere la mafia - si arriva attraverso un'azione integrata tra cultura, società, economia, istituzioni condotta giorno per giorno. Infine, può dirsi che essa rappresenti un doveroso risarcimento verso chi ha lottato contro l’antistato costituito dalla mafia. Dunque, non un punto di arrivo bensì di partenza.
*Alessandra*

11 marzo 2008

15 marzo 2008 - XIII giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie

Graziella Campagna (1968-1985)
Graziella Campagna aveva diciassette anni quando fu assassinata il 12 dicembre 1985, a Villafranca, una paese nel messinese.
Graziella era una ragazza tranquilla e serena; la sua unica colpa era stata quella di voler aiutare la famiglia, di modeste condizioni, andando a lavorare in una lavanderia. Qui, per un tragico destino, attraverso un documento lasciato casualmente in un indumento portato a lavare, era venuta a conoscere la vera identità di un pericoloso latitante che si nascondeva nella cittadina.
L'omicidio di Graziella sarebbe rimasto impunito, se non ci fosse stato il sacrificio di chi ha lottato da allora per fare luce su questo crimine: suo fratello Pietro Campagna, il giovane carabiniere, che insieme alla sua famiglia ha speso quasi vent'anni per poter vedere la fine del processo sul delitto di sua sorella. Nel 2004, finalmente, il tribunale ha condannato i colpevoli dell'omicidio e quelli del favoreggiamento, delle collusioni e dei depistaggi che hanno costellato questa vicenda tragica e amara, un vero specchio di una società avvelenata dal malaffare.
Solo nel 2004, Graziella Campagna è stata riconosciuta vittima di mafia, e per mantenerne il ricordo, si è costituita una fondazione che annovera personalità come lo scrittore Vincenzo Consolo, Carlo Lucarelli e don Ciotti. All'interno di questa attività di informazione e di memoria, necessaria ad un mondo che "se scorda i suoi errori, è condannato a ripeterli", si è collocata l'iniziativa di realizzare un film per far ragionare, testimoniare e far riflettere le persone: tutti doveri questi che ci appartengono come cittadini e che dovrebbero appartenere agli operatori culturali e ad un intrattenimento che voglia essere utile. Attività di informazione e di memoria importante soprattutto per i più giovani che oggi hanno vent'anni e non ricordano, o meglio non possono ricordare perché non ne hanno gli strumenti. Per tanti anni, di Graziella Campagna non si parlava più. È invece importante contribuire perché questa memoria sia sempre più forte.
La società civile ha giocato un ruolo importante nella riapertura del processo per individuare i responsabili della sua morte. È come se la cittadinanza si fosse riappropriata una volta per tutte della drammatica storia di Graziella Campagna e la Fondazione intitolata a suo nome ha significato propriamente "una testimonianza per la verità e la giustizia come strumenti indefettibili di progresso sociale".

27 febbraio 2008

Il potere di LOMBARDO

Corriere della Sera
26 febbraio 2008
di ALFIO SCIACCA

Sicilia Raddoppiati gli addetti della Provincia con una «controllata»
Il potere di Lombardo: in tre anni 500 assunti
Dal porto alle Asl, Catania serbatoio di voti

CATANIA - Una delle creature di Raffaele Lombardo cresciute più in fretta si chiama «Pubbliservizi», società di servizi il cui principale committente è proprio la provincia di Catania. Nata nel 2005 si è fatta grande in poco tempo: ha 500 dipendenti e costa al bilancio provinciale 15 milioni di euro.
Dentro c' è un esercito di guardiani, giardinieri, custodi e addetti alle pulizie: molti sono ex lavoratori di cooperative transitate sotto l' ombrello della provincia, altri sono stati assunti per chiamata diretta. Un modo semplice per assumere a tempo indeterminato personale che si considera a tutti gli effetti dipendente della provincia senza dover espletare concorsi e osservare blocchi alle assunzioni. Andando avanti così quella che molti chiamano «la provincia due» si avvia a contendere il primato di dipendenti alla «provincia uno» con i suoi 760 assunti. E Lombardo qualche settimana fa ha pure bandito i concorsi per assumere altro personale.
La «Pubbliservizi» è solo un tassello del sistema su cui l' erede di Cuffaro ha costruito la sua forza elettorale. Per il resto è una corsa continua ad occupare posti di comando da trasformare in moltiplicatori di consensi. Raffaele, come lo chiamano tutti, entra ovunque ci sia da spartire incarichi buoni per controllare «clienti» e posti di lavoro. A Catania è ormai l' asso pigliatutto. All'aeroporto la «Sac Service» è guidata dal fido Orazio D' Antoni. L' autorità portuale ufficialmente è guidata da un uomo di An, Santo Castiglione, che risponde più a lui che al suo partito. Nulla sfugge al controllo di Lombardo: dalle municipalizzate alle nomine nei due principali enti culturali, Stabile e Bellini, fino alle presidenze delle neonate società di raccolta dei rifiuti. Con l' «Ato Ambiente» e «Ato Ionica», per esempio, ha accontentato Mimmo Calvagno e Mario Zappia, transitati all' Mpa dalla Margherita. Ma se c' è un settore in cui Raffaele si segnala è la sanità. Il direttore dell' Asl è un amico della prima ora, Antonio Scavone, mentre le quattro aziende ospedaliere cittadine le ha dovute dividere con l' azzurro Pino Firrarello. Così a Catania i primari devono avere il placet di Lombardo o Firrarello. E tutti, compresi esponenti del centrosinistra, non sanno resistere al fascino del potere di Lombardo. Più che ai tempi del viceré andreottiano Nino Drago. Ne sa qualcosa il presidente degli industriali Fabio Scaccia che, forte dell' indicazione del ministro Bianchi, pensava di essere già il nuovo presidente dell' autorità portuale. Fino a quando (lo ha raccontato in un' assemblea) non gli è stato consigliato: «Lascia stare Bianchi. Ci parlasti cu Raffaele?». Persino il tanto bastonato Scapagnini è stato nell'ultimo periodo un sindaco commissariato. Basti dire che Catania è l' unica città d' Italia dove il capo del personale, il ragioniere generale e l' ingegnere capo lavorano sia alla provincia che al comune. E nel suo esercito Lombardo ha arruolato di tutto: ex missini, ex verdi, ex comunisti. L' importante è che portino voti. Con Raffaele si lavora secondo uno schema che ricorda i sistemi di vendita multilevel (per capirci quelli delle pentole o delle scope elettriche). Diventi capo area se fai un fatturato cento, vieni promosso capo-zona se lo porti a mille. E così via in una continua corsa al rialzo sotto le bandiere dell' autonomia.

13 febbraio 2008

In Sicilia...


In Sicilia... aspettando la Rivoluzione...
ci tocca tornare alle urne con pochissimo entusiasmo, senza alcuna speranza di successo, con la solita consapevolezza che nulla cambierà. Ancora troppo gattopardesco lo spirito siciliano, per cui basta un Micciché o un Lombardo a dare una immagine di cambiamento e superamento del cuffarismo/favoreggiamentismo al singol mafioso (attenzione: dunque, non mafia! non Associazione Mafia Spa, prima azienda d'Italia! è differente! ...?... o almeno così ci dicono!).
Per tutto ciò (e per molto altro ancora) chiediamo che sia ancora Rita (Borsellino) la nostra candidata: una donna di sinistra, che non sarà "Comunista" o "Rivoluzionaria" nell'accezione più alta a cui si possa pensare con questi termini ma che rappresenta (o meglio rappresenterebbe concretamente se le fosse data la possibilità di farlo) un non astratto, vero, inizio di "Rivoluzione" per la Sicilia.
Non un'icona dal pesante e impressionante cognome da portare in processione per le strade, ma una donna-carovana perennemente in giro per la Sicilia capace di ascoltare la società civile, i problemi, le speranze e la voglia di lasciarsi alle spalle i gattopardi... per cambiare tutto perché tutto cambi davvero stavolta.
Non un nome, non un leader in stile modello americano, non una moda "candidiamo una donna" (Anna o Rita, tanto una vale l'altra, basta che abbiano un volto rassicurante; che importa se una è espressione di un partito "democratico" - "ma non troppo" perché ciò che conta è il bipolarismo - e l'altra espressione invece di un più ampio programma partecipativo di sinistra), bensì un programma concreto di alternativa per un'altra storia possibile, per un'altra Sicilia:
- in cui il diritto costituzionalmente garantito al lavoro venga finalmente riconosciuto come tale (diritto, appunto, non favore);
- in cui i giovani possano restare e costruirsi il futuro;
- in cui lavoro nero e morti sul lavoro non siano più regola a cui rassegnarsi;
- in cui la sanità non sia più "la mafia è bianca";
- in cui la ricchezza del patrimonio naturale, paesaggistico, artistico, venga valorizzato (e non più martoriato) a vantaggio di tutti (impedendo, quindi, le private speculazioni).

23 gennaio 2008

Caso CUFFARO



Lo specchio del degrado della nostra democrazia
di Francesco Forgione,

deputato del Prc-Se e Presidente della Commissione parlamentare antimafia


La riforma morale della politica nel nostro paese non è più rinviabile. Senza di essa la democrazia si spegne, come le stesse vicende politiche nazionali stanno dimostrando
La vicenda Cuffaro non rappresenta una delle tante vicende giudiziarie siciliane e neanche una delle tante forme di distorsione della politica in una terra martoriata dalla mafia. Per questo merita una riflessione approfondita. Non è mai successo prima, nella storia repubblicana, che un presidente di regione fosse condannato per favoreggiamento ai mafiosi. La sentenza è di una gravità eccezionale e senza precedenti: 5 anni di reclusione (il massimo della pena prevista per favoreggiamento, aggravato dal comma 2 dell’art. 378 del codice penale) per aver favorito soggetti aderenti all’associazione mafiosa. A questa pena i giudici hanno aggiunto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, pena significativamente ancora più grave per chiunque ricopra cariche pubbliche e, in questo caso, parliamo della massima istituzione della regione siciliana, equiparata dalla nostra costituzione a rango di ministro.

Una sentenza che conferma l’intero impianto accusatorio dei pubblici ministeri, condannando tredici su quattordici imputati, tra i quali figura centrale è Michele Aiello, l’imprenditore di Bagheria, proprietario della famosa clinica Villa Santa Teresa, prestanome di Bernardo Provenzano, condannato a 14 anni di reclusione e alla confisca immediata di 60 milioni di euro, 20 dei quali da restituire alla asl di Palermo.

L’altro elemento riconosciuto nella sentenza è la condotta continuata nella reiterazione del reato da parte di Cuffaro nel sistema messo in piedi assieme agli altri imputati.

Ma chi sono i soggetti mafiosi favoriti da Cuffaro? Innanzitutto Guttadauro, boss e capo mandamento di Brancaccio, uno dei principali quartieri mafiosi di Palermo, più volte condannato e in galera e all’epoca dei fatti agli arresti domiciliari; Aragona, medico e mafioso con condanne già scontate; Greco, anche lui medico e all’epoca dei fatti sotto processo per mafia; Miceli, medico, politico suo fedelissimo, all’epoca dei fatti sempre indagato per 416 bis e successivamente condannato a 8 anni di carcere; il maresciallo Riolo, condannato a 6 anni di reclusione e l’imprenditore Michele Aiello. Una sentenza grave, per violazione di segreto e favoreggiamento aggravato a singoli mafiosi ma non all’organizzazione Cosa Nostra.

E’ chiaro che una sentenza di questo tipo pone un problema di trasparenza della politica e di legittimità democratica per la permanenza alla più alta carica istituzionale della Regione siciliana. Una incompatibilità etica e morale, in una regione che ha pagato il più alto tributo di vite umane allo scontro tra la mafia e la democrazia, con il sacrificio di uomini dello stato, magistrati, politici, sindacalisti, preti, imprenditori e tanta gente “comune”, donne e uomini vittime di una violenza segnata dalla presenza mafiosa e dalle sue coperture e collusioni politico-istituzionali.

Come si può sostenere, nel momento della ribellione degli imprenditori e dei commercianti alla mafia del pizzo, che un imprenditore, nelle stesse condizioni di Cuffaro, non può partecipare ad una gara pubblica, poiché non gli verrebbe concesso il certificato antimafia, mentre Cuffaro può continuare a governare la Regione, gestire i finanziamenti europei e nazionali, amministrare miliardi di beni pubblici? Tutto aggravato dalla farsa e dall’arroganza dei “festini” a base di cannoli per festeggiare una sentenza che ne sancisce i rapporti mafiosi, in una sorta di autoassoluzione che aggrava, al di là delle appartenenze, il giudizio generale sulla politica, ne acuisce la crisi, ne accentua il distacco dai bisogni e dal sentire comune della gente.

Quanto sta avvenendo in Sicilia ci dice che c’è poco tempo, che non è più rinviabile una riforma morale della società e del Paese, senza la quale la democrazia si spegne, come le stesse vicende politiche nazionali stanno dimostrando, con il rischio di un nuovo definitivo scontro tra politica e magistratura.

Il tema della lotta alla mafia impone una sua centralità nell’agenda politica, a condizione che la politica, tutta, a destra e sinistra, non ritenga di poterlo eludere per relegarlo nell’ambito giudiziario e penale. Ne va della sua credibilità, della sua trasparenza e di quella dell’intera democrazia repubblicana.


22 Gennaio 2008

18 gennaio 2008

COMUNICATO STAMPA

Rifondazione Comunista ed il Partito dei Comunisti Italiani di Acireale
in riferimento a quanto comunicato a mezzo stampa (La Sicilia del 12-01 c.a, e attraverso i Tg delle emittenti locali) da parte dei consiglieri comunali Cicala-Ardita
SI CHIEDONO

1- Come mai la questione inerente l’alienazione dei beni comunali e segnatamente i locali sin ora adibiti a sede degli “ex combattenti e reduci” viene sollevata un mese dopo e fu sollevata in consiglio comunale comunque dopo l’espletazione della gara?
Da parte di chi in qualità di consigliere comunale e quindi in “diritto-dovere” di accedere agli atti amministrativi in anticipo rispetto alla divulgazione degli stessi la cittadinanza acese e con essa l’interesse pubblico meritano un rispetto maggiore.
2- Perché le interrogazioni dei consiglieri Ardita-Cicala non affrontano compiutamente l’aspetto politico della vicenda?
E perché puntare l’indice solo sulla valutazione economica dell’immobile (frutto di logiche che mettono a nudo la distanza tra mercato edilizio reale e parametri tecnici adottati) senza ribadire che il livello culturale, la socialità e la vivibilità di una città si misurano attraverso la presenza di spazi pubblici, case delle associazioni e luoghi adibiti permanentemente alla creatività giovanile?
3- La scelta della giunta Garozzo risponde a logiche di finanza creativa utile a colmare carenze e piccole voragini del bilancio comunale 2007. A ciò si aggiunga la miopia politica delle destre in tema di gestione pubblica del patrimonio collettivo sennonché il suo disinteresse a riscrivere la quotidianità di una cittadina morente.
I consiglieri Cicala-Ardita hanno perso un’altra occasione per dare ruolo e funzione ad una politica alternativa alle scelte di Garozzo e soci e le forze politiche della cosiddetta opposizione a cui fanno riferimento i consiglieri comunali dovrebbero riflettere a fondo.
Rifondazione Comunista ed il Partito dei Comunisti Italiani continueranno dal canto loro a denunciare alla cittadinanza le nefandezze di un intero ceto politico lontano dalle esigenze di Acireale.

13 gennaio 2008

Peppino Impastato


Fiore di campo nasce

dal grembo della terra nera,

fiore di campo cresce

odoroso di fresca rugiada,

fiore di campo muore

sciogliendo sulla terra gli umori segreti.
PREMIO "VINCENZO PUGLISI" III EDIZIONE
Come ogni anno il Circolo del Prc "La Locomotiva" organizza il premio "V.Puglisi" per la redazione di un saggio breve a tema. Il concorso è rivolto a tutti gli studenti degli istituti medi superiori della provincia di Catania.

Quest'anno il tema scelto è quello della sicurezza sul lavoro, sempre troppo spesso elusa. Una strage nel silenzio della stampa, che si occupa del tema solo in casi eclatanti, come quello drammatico e piuttosto recente della ThyssenKrupp di Torino. Ecco la traccia:


La Costituzione della Repubblica Italiana riconosce il lavoro come elemento fondamentale per la costruzione di una società democratica. Ogni anno sui luoghi di lavoro muoiono e rimangono feriti numerosi lavoratori, a causa di carenze dei sistemi di sicurezza. Analisi, proposte e prospettive per consentire una rivalutazione del ruolo sociale del lavoro e per difendere la dignità e la salute dei lavoratori”.

Gli elaborati andranno spediti all'indirizzo:

SEGRETERIA PREMIO "VINCENZO PUGLISI" VIA TONO, 38 - 95024 ACIREALE (CT).

Il termine per la consegna degli elaborati è il 15/06/2008. In bocca al lupo!