23 gennaio 2008

Caso CUFFARO



Lo specchio del degrado della nostra democrazia
di Francesco Forgione,

deputato del Prc-Se e Presidente della Commissione parlamentare antimafia


La riforma morale della politica nel nostro paese non è più rinviabile. Senza di essa la democrazia si spegne, come le stesse vicende politiche nazionali stanno dimostrando
La vicenda Cuffaro non rappresenta una delle tante vicende giudiziarie siciliane e neanche una delle tante forme di distorsione della politica in una terra martoriata dalla mafia. Per questo merita una riflessione approfondita. Non è mai successo prima, nella storia repubblicana, che un presidente di regione fosse condannato per favoreggiamento ai mafiosi. La sentenza è di una gravità eccezionale e senza precedenti: 5 anni di reclusione (il massimo della pena prevista per favoreggiamento, aggravato dal comma 2 dell’art. 378 del codice penale) per aver favorito soggetti aderenti all’associazione mafiosa. A questa pena i giudici hanno aggiunto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, pena significativamente ancora più grave per chiunque ricopra cariche pubbliche e, in questo caso, parliamo della massima istituzione della regione siciliana, equiparata dalla nostra costituzione a rango di ministro.

Una sentenza che conferma l’intero impianto accusatorio dei pubblici ministeri, condannando tredici su quattordici imputati, tra i quali figura centrale è Michele Aiello, l’imprenditore di Bagheria, proprietario della famosa clinica Villa Santa Teresa, prestanome di Bernardo Provenzano, condannato a 14 anni di reclusione e alla confisca immediata di 60 milioni di euro, 20 dei quali da restituire alla asl di Palermo.

L’altro elemento riconosciuto nella sentenza è la condotta continuata nella reiterazione del reato da parte di Cuffaro nel sistema messo in piedi assieme agli altri imputati.

Ma chi sono i soggetti mafiosi favoriti da Cuffaro? Innanzitutto Guttadauro, boss e capo mandamento di Brancaccio, uno dei principali quartieri mafiosi di Palermo, più volte condannato e in galera e all’epoca dei fatti agli arresti domiciliari; Aragona, medico e mafioso con condanne già scontate; Greco, anche lui medico e all’epoca dei fatti sotto processo per mafia; Miceli, medico, politico suo fedelissimo, all’epoca dei fatti sempre indagato per 416 bis e successivamente condannato a 8 anni di carcere; il maresciallo Riolo, condannato a 6 anni di reclusione e l’imprenditore Michele Aiello. Una sentenza grave, per violazione di segreto e favoreggiamento aggravato a singoli mafiosi ma non all’organizzazione Cosa Nostra.

E’ chiaro che una sentenza di questo tipo pone un problema di trasparenza della politica e di legittimità democratica per la permanenza alla più alta carica istituzionale della Regione siciliana. Una incompatibilità etica e morale, in una regione che ha pagato il più alto tributo di vite umane allo scontro tra la mafia e la democrazia, con il sacrificio di uomini dello stato, magistrati, politici, sindacalisti, preti, imprenditori e tanta gente “comune”, donne e uomini vittime di una violenza segnata dalla presenza mafiosa e dalle sue coperture e collusioni politico-istituzionali.

Come si può sostenere, nel momento della ribellione degli imprenditori e dei commercianti alla mafia del pizzo, che un imprenditore, nelle stesse condizioni di Cuffaro, non può partecipare ad una gara pubblica, poiché non gli verrebbe concesso il certificato antimafia, mentre Cuffaro può continuare a governare la Regione, gestire i finanziamenti europei e nazionali, amministrare miliardi di beni pubblici? Tutto aggravato dalla farsa e dall’arroganza dei “festini” a base di cannoli per festeggiare una sentenza che ne sancisce i rapporti mafiosi, in una sorta di autoassoluzione che aggrava, al di là delle appartenenze, il giudizio generale sulla politica, ne acuisce la crisi, ne accentua il distacco dai bisogni e dal sentire comune della gente.

Quanto sta avvenendo in Sicilia ci dice che c’è poco tempo, che non è più rinviabile una riforma morale della società e del Paese, senza la quale la democrazia si spegne, come le stesse vicende politiche nazionali stanno dimostrando, con il rischio di un nuovo definitivo scontro tra politica e magistratura.

Il tema della lotta alla mafia impone una sua centralità nell’agenda politica, a condizione che la politica, tutta, a destra e sinistra, non ritenga di poterlo eludere per relegarlo nell’ambito giudiziario e penale. Ne va della sua credibilità, della sua trasparenza e di quella dell’intera democrazia repubblicana.


22 Gennaio 2008

18 gennaio 2008

COMUNICATO STAMPA

Rifondazione Comunista ed il Partito dei Comunisti Italiani di Acireale
in riferimento a quanto comunicato a mezzo stampa (La Sicilia del 12-01 c.a, e attraverso i Tg delle emittenti locali) da parte dei consiglieri comunali Cicala-Ardita
SI CHIEDONO

1- Come mai la questione inerente l’alienazione dei beni comunali e segnatamente i locali sin ora adibiti a sede degli “ex combattenti e reduci” viene sollevata un mese dopo e fu sollevata in consiglio comunale comunque dopo l’espletazione della gara?
Da parte di chi in qualità di consigliere comunale e quindi in “diritto-dovere” di accedere agli atti amministrativi in anticipo rispetto alla divulgazione degli stessi la cittadinanza acese e con essa l’interesse pubblico meritano un rispetto maggiore.
2- Perché le interrogazioni dei consiglieri Ardita-Cicala non affrontano compiutamente l’aspetto politico della vicenda?
E perché puntare l’indice solo sulla valutazione economica dell’immobile (frutto di logiche che mettono a nudo la distanza tra mercato edilizio reale e parametri tecnici adottati) senza ribadire che il livello culturale, la socialità e la vivibilità di una città si misurano attraverso la presenza di spazi pubblici, case delle associazioni e luoghi adibiti permanentemente alla creatività giovanile?
3- La scelta della giunta Garozzo risponde a logiche di finanza creativa utile a colmare carenze e piccole voragini del bilancio comunale 2007. A ciò si aggiunga la miopia politica delle destre in tema di gestione pubblica del patrimonio collettivo sennonché il suo disinteresse a riscrivere la quotidianità di una cittadina morente.
I consiglieri Cicala-Ardita hanno perso un’altra occasione per dare ruolo e funzione ad una politica alternativa alle scelte di Garozzo e soci e le forze politiche della cosiddetta opposizione a cui fanno riferimento i consiglieri comunali dovrebbero riflettere a fondo.
Rifondazione Comunista ed il Partito dei Comunisti Italiani continueranno dal canto loro a denunciare alla cittadinanza le nefandezze di un intero ceto politico lontano dalle esigenze di Acireale.

13 gennaio 2008

Peppino Impastato


Fiore di campo nasce

dal grembo della terra nera,

fiore di campo cresce

odoroso di fresca rugiada,

fiore di campo muore

sciogliendo sulla terra gli umori segreti.
PREMIO "VINCENZO PUGLISI" III EDIZIONE
Come ogni anno il Circolo del Prc "La Locomotiva" organizza il premio "V.Puglisi" per la redazione di un saggio breve a tema. Il concorso è rivolto a tutti gli studenti degli istituti medi superiori della provincia di Catania.

Quest'anno il tema scelto è quello della sicurezza sul lavoro, sempre troppo spesso elusa. Una strage nel silenzio della stampa, che si occupa del tema solo in casi eclatanti, come quello drammatico e piuttosto recente della ThyssenKrupp di Torino. Ecco la traccia:


La Costituzione della Repubblica Italiana riconosce il lavoro come elemento fondamentale per la costruzione di una società democratica. Ogni anno sui luoghi di lavoro muoiono e rimangono feriti numerosi lavoratori, a causa di carenze dei sistemi di sicurezza. Analisi, proposte e prospettive per consentire una rivalutazione del ruolo sociale del lavoro e per difendere la dignità e la salute dei lavoratori”.

Gli elaborati andranno spediti all'indirizzo:

SEGRETERIA PREMIO "VINCENZO PUGLISI" VIA TONO, 38 - 95024 ACIREALE (CT).

Il termine per la consegna degli elaborati è il 15/06/2008. In bocca al lupo!