Graziella Campagna (1968-1985)
Graziella Campagna aveva diciassette anni quando fu assassinata il 12 dicembre 1985, a Villafranca, una paese nel messinese.
Graziella era una ragazza tranquilla e serena; la sua unica colpa era stata quella di voler aiutare la famiglia, di modeste condizioni, andando a lavorare in una lavanderia. Qui, per un tragico destino, attraverso un documento lasciato casualmente in un indumento portato a lavare, era venuta a conoscere la vera identità di un pericoloso latitante che si nascondeva nella cittadina.
L'omicidio di Graziella sarebbe rimasto impunito, se non ci fosse stato il sacrificio di chi ha lottato da allora per fare luce su questo crimine: suo fratello Pietro Campagna, il giovane carabiniere, che insieme alla sua famiglia ha speso quasi vent'anni per poter vedere la fine del processo sul delitto di sua sorella. Nel 2004, finalmente, il tribunale ha condannato i colpevoli dell'omicidio e quelli del favoreggiamento, delle collusioni e dei depistaggi che hanno costellato questa vicenda tragica e amara, un vero specchio di una società avvelenata dal malaffare.
Solo nel 2004, Graziella Campagna è stata riconosciuta vittima di mafia, e per mantenerne il ricordo, si è costituita una fondazione che annovera personalità come lo scrittore Vincenzo Consolo, Carlo Lucarelli e don Ciotti. All'interno di questa attività di informazione e di memoria, necessaria ad un mondo che "se scorda i suoi errori, è condannato a ripeterli", si è collocata l'iniziativa di realizzare un film per far ragionare, testimoniare e far riflettere le persone: tutti doveri questi che ci appartengono come cittadini e che dovrebbero appartenere agli operatori culturali e ad un intrattenimento che voglia essere utile. Attività di informazione e di memoria importante soprattutto per i più giovani che oggi hanno vent'anni e non ricordano, o meglio non possono ricordare perché non ne hanno gli strumenti. Per tanti anni, di Graziella Campagna non si parlava più. È invece importante contribuire perché questa memoria sia sempre più forte.
La società civile ha giocato un ruolo importante nella riapertura del processo per individuare i responsabili della sua morte. È come se la cittadinanza si fosse riappropriata una volta per tutte della drammatica storia di Graziella Campagna e la Fondazione intitolata a suo nome ha significato propriamente "una testimonianza per la verità e la giustizia come strumenti indefettibili di progresso sociale".
2 commenti:
Tante, troppe, le vittime di mafia per poter essere ricordate tutte, purtroppo.
Ma ci voleva una fiction, e prima ancora l'appassionato racconto di un ben informato amico non siciliano, per farmi conoscere la storia di Graziella Campagna.
Come è possibile tutto ciò? Eppure Savoca e Letojanni sono così vicine alla mia Acireale (mezz'ora d'auto circa). Eppure a Savoca e Letojanni sono andata (e vado) spesso nei fine settimana o per le scampagnate dei giorni di festa. Eppure, eppure, eppure... una storia così atroce sarebbe dovuta essere raccontata, addirittura urlata a gran voce, manifestata in quei Comuni, in quelli limitrofi e più in là ancora, di questa nostra Sicilia.
Questa nostra Sicilia che deve, fortissimamente deve, ricordare il e informare del passato, atroce passato, per cambiare, decisamente, radicalmente.
Se è vero, come è vero, che la memoria del passato è fondamentale per vivere il presente e costruire il futuro, per noi tutti diventa importantissimo (anzi vitale) il compito di informarci e di informare, di chiedere per assimilare e trasmettere. Che nessuno di noi si tiri indietro! A noi il compito di ricercare la storia e di "camminare domandando"! Perché un'altra Sicilia possibile: o è di giovani (e non giovani) informati, consapevoli, impegnati o non è!
*Alessandra*
da LIBERAZIONE del 12-03-2008
di Roberta Ronconi
Videodrome Storia di mafia su Graziella Campagna
Se la tv pubblica esiste ancora
ha la faccia di "Una vita rubata"
Cos'è la rete ammiraglia? Che vuol dire essere la rete numero uno di un servizio pubblico? Se queste domande hanno ancora un qualche valore, una delle poche risposte possibili è la fiction andata lunedì sera in onda su Raiuno La vita rubata . Essere servizio pubblico al meglio è una fiction come questa. Per motivi molteplici, e il primo non è necessariamente il suo contenuto di denuncia e nemmeno di recupero di una memoria violata. Il motivo principale è che si tratta di una fiction realizzata bene, priva di ogni forma di volgarità, visiva e di contenuto. E' televisione fatta onestamente. Senza questa premessa - senza una forma adeguata - non ci sarebbe denuncia né memoria, ma solo cattiva televisione. Capace spesso di speculare proprio sui sentimenti più delicati e fragili del popolo dei televedenti.
Il lavoro firmato dal debuttante Graziano Diana è quindi, prima di ogni altra cosa, un lavoro pieno di dignità. Non chiassoso, non interessato alle budella dello spettatore e attento a chi, di quella storia, è stato infelice protagonista.
In Una vita rubata risplende il volto limpido di una ragazza di 17 anni, Graziella Campagna, che in un paesino di mezza montagna della Sicilia di venti anni fa decide di tentare l'avventura. Lascia la scuola e convince i genitori a lasciarla impiegare in una lavanderia del paese vicino, quello di mare, quello abbellitosi con i soldi dei villeggianti estivi, e non solo: Letojanni. La lavanderia, come tutto il paese del resto, è frequentata da latitanti di mafia che hanno libero accesso al paese grazie alla connivenza di popolazione e forze dell'ordine. Solo Graziella, ingenua, è all'oscuro di tutto. Graziella che ha un fratello carabiniere e che un giorno nella tasca di una giacca da lavare trova un'agendina piena di numeri e nomi in codice. Non ci capisce niente, non sa che roba sia. Del boss Gerlando Alberti non ha mai nemmeno sentito parlare, lei lo conosce come l'ingegnere persona perbene e amico della titolare. Due giorni dopo quell'insignificante episodio il suo corpo di ragazzina verrà trovato dietro una cascina di campagna, cinque pallettoni da caccia sparati in faccia.
Lunedì sera, a Messina, alla proiezione organizzata dalle associazioni di base anti-mafia c'era tutto un paese, tra vergogna e nuova consapevolezza, tra imbarazzo e voglia di riscatto. Meglio di così, cosa sia la connivenza in un paese come la Sicilia non la si poteva raccontare. La famiglia di Graziella (interpretata da un fratello-Peppe Fiorello che in questo lavoro ha messo molto più della sua professionalità. E da una madre-Aurora Quattrocchi superlativa) ha dovuto aspettare venti anni perché qualche mandante di quell'omicidio fosse individuato, e il processo è ora in Corte d'Appello. Noi pubblico Rai abbiamo dovuto aspettare anni prima di rivedere una cosa tanto decente e pulita sulla nostra televisione.
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